Erano gli inizi di ottobre dell’801 quando, nel porticciolo di Portovenere, attraccarono delle navi con le insegne del califfo di Baghdad, Harun al Rashid. Da una di esse sbarcò un maestoso elefante che sbalordì e spaventò gli abitanti del borgo.
Si trattava di Abul Abbas (o Abū l-ʿAbbās), uno splendido e raro esemplare di elefante asiatico che, secondo alcune fonti, era affetto da albinismo. Era in viaggio da ben 5 anni, diretto alla sede della corte di Carlo Magno ad Aquisgrana. Ma perché?
La vicenda di Abul Abbas è avvolta tra storia e leggenda, ma le poche fonti storiche ci portano al 797, quando Carlo Magno invia un’ambasciata a Baghdad. L’obiettivo era stringere rapporti col califfato per fronteggiare i pirati musulmani che tormentavano il Mediterraneo e per contenere la presenza omayyade in Europa. Il gruppo era guidato da un ebreo nord-africano di nome Isacco, conoscitore della lingua araba.
Apprezzando la visita di questa delegazione e del suo intermediatore linguistico e culturale, il califfo Harun al Rashid decide di inviare a Carlo Magno dei doni. Tra questi vi sono oggetti emblematici della tecnologia araba, come ad esempio una clessidra ad acqua. Ma il dono più particolare è sicuramente Abul Abbas. Secondo alcune fonti, era stato proprio Carlo Magno a chiedere espressamente un elefante in regalo.
Abul Abbas divenne un simbolo politico, testimone degli stretti rapporti diplomatici tra il regno Carolingio ed il califfato Abbaside. Non tutti gli storici sono convinti del fatto che fosse albino, ma se davvero lo fosse stato, questa caratteristica rara e bizzarra gli avrebbe conferito ancora più magnificenza.
Il viaggio del pachiderma durò un quinquennio. Viaggiò via terra da Baghdad a Gerusalemme e fino a Cartagine, via mare da Marsiglia a Portovenere. Dopo l’approdo nel Golfo Dei Poeti, fu portato a Vercelli dove passò l’inverno. Sciolte le nevi, varcò le Alpi e giunse la città imperiale di Aquisgrana nel luglio dell’802.
Finalmente, Carlo Magno poté ammirare il suo regalo più prezioso, mostrandolo ai propri ospiti in diverse occasioni. L’elefante fece una tale impressione che la sa morte fu annotata negli Annales Regni Francorum (Annali del Regno dei Franchi) come quella di una principessa o di un vescovo. Abul Abbas morì nell’810 dopo aver attraversato il Reno mentre Carlo Magno conduceva la sua ultima campagna militare. È probabile che non si adattò mai al clima nordico e che morì di polmonite.
“Quella dell’elefante di Carlo Magno può apparire la storia di una stramberia, l’avventura un po’ triste di un povero animale finito a morire nel freddo clima germanico, ma in realtà tutta la vicenda, se attentamente interrogata, svela molto dei rapporti diplomatici del tempo, della politica del dono, del significato politico che il possesso di un elefante, come attributo di regalità, poteva avere, e anche dell’immagine che allora l’Europa cristiana si faceva del mondo.”
Giuseppe Albertoni in “L’elefante Di Carlo Magno” (2020)
Ringraziamo Gino Ragnetti per il suo contributo nella stesura dell’articolo.
Nell’immagine di copertina: immagine romanica del XI secolo di un elefante bianco, conservata al Museo del Prado di Madrid.
Perché l’elefante una volta arrivato a Marsiglia non fu portato direttamente ad Aachen (Aquisgrana ) ma il traporto fu reso più lungo e difficoltoso?