“A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui – nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene – sua patria”
È così che Petrarca, letterato e poeta rinascimentale italiano, celebrò Porto Venere nel 1338, legando il suo nome alla mitologia romana, anche se leggenda e cronaca si mescolano tuttora quando si parla di questo particolare aspetto della storia di Porto Venere.
Si dice che l’antico nome, Portus Veneris, indichi un tempio dedicato alla dea Venere, che si ergeva sul promontorio dove oggi si trova la Chiesa di San Pietro. Il nome è stato anche associato a quello del monaco eremita Venerio. Oggi viene celebrato come San Venerio, protettore dei guardiani dei fari perché, secondo la leggenda, durante le notti di tempesta accendeva enormi falò sull’Isola del Tino per salvare le navi in mare nel Golfo dei Poeti.
Si pensa che l’antico Portus Veneris sia databile almeno alla metà del I secolo a.C.. In epoca romana la città era essenzialmente una comunità di pescatori, come documentato dall’imperatore romano Antonino Pio (161 d.C.) nel suo diario marittimo.
In seguito alla caduta dell’Impero Romano, Porto Venere divenne una base per la flotta bizantina, che fu distrutta dai Longobardi nel 643. Successivamente, fu un obiettivo frequente delle incursioni dei pirati saraceni. Le prime indicazioni sull’esistenza di un castello risalgono al 1113, anno in cui Genova acquistò il borgo dal suo feudatario, Grimaldo di Vezzano.
Portovenere era un punto strategico, necessario nella guerra di Genova contro Pisa per il dominio del Mar Ligure. Il Castello dei Doria, le mura fortificate e altre strutture furono costruite di fronte al mare con precisi criteri architettonici a scopo residenziale e difensivo. I genovesi eressero anche la Chiesa romanica di San Lorenzo nel 1098, mentre la Chiesa gotica di San Pietro fu consacrata nel 1198.
Pisa tentò di conquistare il borgo fortificato in diverse occasioni tra il 1165 e il 1198, ma non ci riuscì. I problemi iniziarono nel 1494, quando Portovenere subì un devastante bombardamento da parte della flotta aragonese durante la guerra con Genova. In seguito, la parte antica della città decadde di importanza, lasciando il posto allo sviluppo del Borgo Nuovo, incentrato sulla chiesa di San Pietro.
Nel 1575, il condottiero genovese Andrea Doria inaugurò la costruzione del moderno porto militare nel Golfo di La Spezia. Nel 1606 costruì una piccola fortezza chiamata La Torre Scola sull’Isola Palmaria.
La storia di Portovenere prosegue con la dominazione francese sotto Napoleone Bonaparte, quando nel 1797 divenne parte del Dipartimento del Golfo di Venere della Repubblica Ligure. Successivamente, fu annessa al Primo Impero Francese dal 1805 al 1814, periodo storico durante il quale fu costruita la “Strada Napoleonica” in onore del generale francese. Questa strada costiera corrisponde oggi alla Strada Provinciale 530 che attraversa le località di Fezzano e Le Grazie.
A proposito di Fezzano: secondo molti critici d’arte, il famoso dipinto della Nascita di Venere di Botticelli fu ambientato proprio in questa frazione di Portovenere.
Portovenere e il territorio locale entrarono a far parte del Regno di Sardegna nel 1815 e del Regno d’Italia nel 1861.
All’inizio del 1800, Portovenere divenne meta di un turismo d’élite grazie a personaggi illustri come il poeta inglese e personalità di spicco del movimento romantico, Lord George Gordon Byron. Poeti e artisti rimasero ammaliati dal borgo medievale, tra cui il premio Nobel Eugenio Montale, che dedicò una poesia a Portovenere nel 1925. Un vero e proprio incantesimo che attira i visitatori ancora oggi, tra la natura incontaminata e gli edifici storici del gioiello del Golfo dei Poeti.
“PORTOVENERE” poesia di Eugenio Montale
Là fuoriesce il tritone
dai flutti che lambiscono
le soglie d’un cristiano
tempio,ed ogni ora prossima
è antica. Ogni dubbiezza
si conduce per mano
come una fanciulla amica.
Là non è chi si guardi
o stia di sé in ascolto.
Quivi sei alle origini
e decidere è stolto:
ripartirai più tardi
per assumere un volto.
Eugenio Montale
1 Comment